C’è un momento, tra la veglia e il sonno, in cui tutto appare sfocato ma tremendamente vivido. È lì che vive Gli occhi del gatto, un’opera che non è un semplice fumetto, ma un’esperienza. Un sussurro visivo e narrativo, pubblicato per la prima volta nel 1978 sul primo numero della mitica rivista Métal Hurlant, dove due maestri assoluti della Nona Arte – Alejandro Jodorowsky e Moebius – si sono incontrati per creare qualcosa di irripetibile.
La storia, all’apparenza esile, si svolge in un mondo spoglio, apocalittico, onirico. Un paesaggio che sembra sospeso nel tempo e nello spazio, come se fosse emerso direttamente dai sogni più profondi e simbolici dell’inconscio umano. Qui, in silenzio quasi religioso, si muovono tre creature: un bambino, un’aquila – Méduz – e un gatto. Non comunicano tra loro come faremmo noi, non si cercano apertamente, ma sono destinati a incrociarsi in un’architettura narrativa tanto semplice quanto potentemente evocativa.
Méduz vola nel cielo alla ricerca di prede, non per sé, ma per nutrire il desiderio – o forse la vendetta – del bambino. Il gatto, silenzioso e sornione, attraversa questo paesaggio con la noncuranza tipica di chi è già oltre il giudizio morale. E intanto l’occhio del lettore – che poi diventa anch’esso occhio del gatto – si perde in questa danza visiva tra predatori, vittime e testimoni muti. Il tutto si compone di tavole quasi mute, spesso costituite da una sola immagine a pagina intera, capaci di comunicare emozioni profonde con il solo potere dell’immagine.
La forza dell’opera non risiede tanto nella trama – che potremmo riassumere in una frase – quanto nella sua atmosfera, nella sensazione di straniamento e mistero che ci accompagna fin dalla prima tavola. È come guardare un frammento di mito o un antico racconto allegorico sussurrato da una voce dimenticata dal tempo. L’assenza quasi totale di parole amplifica l’impatto delle immagini, costringendoci a rallentare, a soffermarci su ogni dettaglio, a interrogarci su quello che stiamo vedendo.
Moebius, al secolo Jean Giraud, regala qui una dimostrazione magistrale del suo talento visionario. Le sue illustrazioni, rigorose e fluttuanti allo stesso tempo, tracciano un universo che pare vivere di luce propria, dove ogni tratto è pensato per essere contemplato. Jodorowsky, dal canto suo, porta nel racconto la sua visione mistica, psichedelica, a tratti crudele ma sempre profondamente poetica. La loro unione, nata per caso da un progetto mai concretizzato – la leggendaria versione cinematografica di Dune – ha dato vita a un sodalizio artistico che avrebbe cambiato per sempre la storia del fumetto.
Lo stesso Jodorowsky racconta nella prefazione che fu il caso a farli incontrare, ma che la forza che li ha spinti a collaborare fu qualcosa di più grande, forse addirittura magico. E come dargli torto? Gli occhi del gatto sembra davvero scaturito da un incantesimo: pochi elementi, eppure capaci di evocare un intero universo narrativo. È l’archetipo del racconto breve che lascia dentro una fame inespressa, quella sensazione a metà tra l’inquietudine e la meraviglia che ci spinge, alla fine, a sussurrare: “ne voglio ancora”.
Edizioni BD, che già aveva riportato in auge capolavori come La Pazza del Sacro Cuore, ha deciso di restituire nuova vita a questo gioiello perduto, proponendolo in una raffinata edizione cartonata, disponibile dal 27 maggio in libreria, fumetteria e online. Un volume da collezione, certo, ma anche da leggere, rileggere e contemplare come si fa con le opere d’arte. Perché Gli occhi del gatto è proprio questo: arte.
Curioso anche l’aspetto formale dell’opera. La narrazione si sviluppa in un doppio binario visivo: a sinistra vignette più piccole che scandiscono il ritmo come battiti di tamburo, a destra tavole a piena pagina, vere e proprie “splash page” che amplificano l’impatto emotivo di ciò che vediamo. È un’alternanza che ipnotizza, quasi fosse una sorta di rito visivo. Non è un fumetto nel senso convenzionale del termine, ma un’esperienza visiva e sensoriale che trascende le categorie.
Gli occhi del gatto è inquietante e affascinante, grottesco e malinconico, semplice e profondissimo. È un viaggio breve ma memorabile dentro un angolo dimenticato dell’immaginazione, dove parole e immagini si fondono in qualcosa che somiglia più a un sogno lucido che a una storia.
E voi, lettori del CorriereNerd.it, avete mai incrociato lo sguardo di quel misterioso gatto? Se sì, raccontateci la vostra esperienza. E se non lo avete ancora fatto… è tempo di aprire quella copertina e perdervi, almeno per un momento, in quel mondo desolato e meraviglioso. Condividete l’articolo, parlatene con i vostri amici nerd, e fateci sapere: cosa avete visto voi negli occhi del gatto?
L’articolo “Gli Occhi del Gatto”: un sogno surreale disegnato da Moebius, scritto da Jodorowsky proviene da CorriereNerd.it.