C’è un luogo, nascosto tra le montagne liguri, dove il tempo sembra essersi fermato. Un luogo intriso di antiche magie, di sussurri portati dal vento, di storie che oscillano tra la leggenda e la verità storica. Triora, il “paese delle streghe”, ha aggiunto un nuovo capitolo alla sua lunga e affascinante narrazione: il Gatto di Triora, una scultura monumentale che invita a riflettere su un passato di dolore e superstizione. Chi, come me, ama i miti, le leggende e le atmosfere sospese tra luce e ombra, non può non sentire un brivido attraversare la schiena dinanzi a quest’opera. Tre metri di bronzo, fusi in una creatura silenziosa e vigile, nata per chiedere perdono a chi, nei secoli bui, ha pagato il prezzo della paura e dell’ignoranza: gli animali, i gatti in particolare, troppo spesso vittime dimenticate della crudeltà umana.
Il Gatto di Triora: tra arte e memoria
Il Grand Pardon, come è stato battezzato, non è solo una scultura: è un messaggio potente scolpito nel metallo, una voce muta che parla ai visitatori di Triora. Il monumento, ideato da Svetlana Lin e Alexander Orlov, due residenti russi innamorati del borgo ligure, è stato affidato all’artista Elena Rede, che ha lavorato instancabilmente per quattro anni, sfidando anche le difficoltà della pandemia. La sua creazione non è casuale. Triora porta sulle spalle il peso di un passato tragico: tra il 1587 e il 1589, durante un processo tristemente noto, molte donne vennero accusate di stregoneria, due delle quali trovarono una morte atroce. In quei tempi oscuri, anche i gatti — soprattutto i neri — furono vittime della superstizione: associati al male, alla stregoneria, furono perseguitati e massacrati.La statua oggi troneggia fiera nei pressi del castello, come un guardiano silenzioso. Non solo ricorda, ma ammonisce: mai più ingiustizia verso chi non ha voce.
Un legame antico: streghe e gatti
Chiunque si sia mai immerso nei racconti popolari sa quanto il legame tra streghe e gatti sia antico e profondo. Non è solo una trovata narrativa: nelle credenze di molte culture, il gatto — specialmente quello nero — è considerato il compagno fedele delle donne dedite alla magia.In alcuni racconti, la strega stessa si trasforma in gatto grazie a un potere chiamato ailurantropia (dal greco aílouros, “gatto”, e -tropia, “trasformazione”). Un mito affascinante, che resiste ancora oggi nella cultura fantasy: basti pensare al magico Grattastinchi di Hermione Granger in Harry Potter o, se permettete una nota personale, al mio personaggio Brunella Quinti e al suo inseparabile gatto nero, Catullo.Questa associazione ha radici antichissime. Già nell’antico Egitto, la dea Bastet — signora della fertilità e della protezione — aveva sembianze feline. Più tardi, nel folklore europeo, il gatto divenne simbolo di ambiguità: libero, indipendente, sfuggente, come le donne che sfidavano i ruoli imposti dalla società patriarcale.
Sulla persecuzione dei gatti durante i processi alle streghe, la verità è meno chiara di quanto si pensi. Non esistono decreti ufficiali della Chiesa che ordinassero lo sterminio dei gatti, né dati numerici certi sulle vittime animali di quell’epoca. Tuttavia, la credenza popolare che vedeva i gatti come emissari del maligno era radicata a tal punto che anche l’arte sacra ne porta traccia: emblematico il dipinto della Basilica di San Salvatore a Pavia, dove un gatto nero tenta San Martino di Tours.È dunque importante, a mio parere, riconoscere che sebbene la base storica sia controversa, il valore simbolico del Gatto di Triora rimane potentissimo: non si tratta di riparare un torto preciso e documentato, quanto di ricordare una mentalità pericolosa, capace di trasformare la paura in odio e la differenza in condanna.
Il Gatto di Triora non è soltanto un’opera d’arte: è un invito a ricordare, a riflettere, a non smettere di interrogarsi. Un simbolo di redenzione che si carica di significati universali: rispetto per la vita, condanna della crudeltà, celebrazione della memoria.Se capitate a Triora, fermatevi davanti a questo maestoso guardiano di bronzo. Sentite il peso delle storie che porta sulle spalle e lasciatevi sfiorare dal soffio antico della leggenda.Io ci tornerò ancora, ogni volta che vorrò ricordarmi che anche i più piccoli e i più silenziosi meritano giustizia.
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